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Come sono fatti i carrelli elevatori e tipi di muletti in commercio

Se la logistica di magazzino è quella che conosciamo oggi parte del merito va al signor Eugene Clark, ritenuto negli anni Venti l’inventore del primo carrello elevatore (o come viene detto nel gergo comune muletto). Quello che all’inizio era poco più di un trattore per spostare i materiali, a distanza di un secolo ha rivoluzionato il modo di fare material handling. Le case produttrici hanno investito in componenti sempre più all’avanguardia, modelli specifici e innovazioni che puntano all’efficienza e alla sostenibilità.

Oggi i carrelli elevatori vengono impiegati su vasta scala e praticamente in ogni settore, dalla produzione dell’acciaio al vetro, dalla movimentazione di grandi tonnellate di merce alla minuteria leggera, per lo stoccaggio dei classici pallet, per lunghe travi o semilavorati di forma cilindrica. Proprio per via di questa abbondanza di modelli, le aziende che intendono acquistare o noleggiare un carrello elevatore spesso si chiedono come sono fatti e quali tipi di macchine per la movimentazione esistono in commercio. Rispondere a queste due domande in maniera esaustiva sarebbe quanto meno pretenzioso, ma per dare una panoramica sufficientemente chiara vediamo quali sono le versioni di muletto più diffuse e come sono fatti per comprenderne il funzionamento di base.

Com’è fatto un carrello elevatore

Per rispondere a questa domanda non sarebbe sufficiente un’enciclopedia intera. Ci sono carrelli elevatori e muletti praticamente per tutto. Non ne esiste uno uguale all’altro: i modelli sono migliaia e ognuno è fatto a modo suo, in base alla portata, all’ingegneria della casa produttrice, all’utilizzo per cui è stato progettato, agli accessori che monta e così via. Di base, però, tutti i carri elevatori hanno alcune componenti comuni che li contraddistinguono.

Il primo fra tutti è il blocco di forche e montante, responsabile del prelievo e sollevamento del carico. Quasi la totalità dei carrelli tradizionali è dotata di forche (lunghe, corte, retrattili, multidirezionali, ecc.) e della colonna in grado di abbassarle, alzarle, spostarle in avanti o indietro. Un altro tratto peculiare è la presenza delle ruote. Per definizione, un carrello è un’attrezzatura di stoccaggio mobile. A seconda del tipo di carrello elevatore, le ruote possono essere tre o quattro, piccole o grandi pneumatici, sterzanti dietro o davanti e così via. Ruote e forche vengono pilotate all’interno della cabina guidatore, la terza peculiarità che accomuna i più diffusi tipi di muletto. L’addetto di magazzino può stare in piedi o seduto, di lato o frontale, ma si trova sempre a bordo del carrello, protetto da un tettuccio superiore.

Differenza tra muletti e transpallet

Anche se non è sempre così, la presenza della cabina guidatore è una delle differenze che distingue i muletti dai transpallet, un altro mezzo per la movimentazione molto diffuso. In passato le diversità tra i due erano più marcate, ad esempio il fatto che un transpallet non fosse motorizzato e che stoccasse la merce ad altezze residuali (quasi fosse un semplice trasportatore). Oggi invece con l’avanzamento della tecnologia esistono modelli di transpallet ibridi molto simili ai carrelli: transpallet elettrici, uomo a bordo, a colonna (per stoccare in altezza) e così via.

In generale, però, il transpallet ha una forma molto più essenziale: forche e blocco guida, composto da una piccola plancia di comando o dal classico timone. Inoltre è più piccolo rispetto ai grandi carrelli elevatori, indicato in ambienti dove serve spostare merce pesante, ma non serve un mezzo a motore (corsie di supermercato, retro di negozi, centri commerciali, corrieri, ecc.). Infine, i transpallet hanno performance leggermente inferiori. Stoccano ad altezze medio-basse, sollevano poche tonnellate e coprono distanze di magazzino medie. In altre parole, sono perfetti quando la logistica aziendale richiede il supporto di un mezzo di movimentazione, ma non un robusto carrello elevatore.

Differenza tra carrelli elettrici e diesel

I carrelli elevatori sono fatti anche di un sistema di alimentazione che muove forche e mezzo. Il motore è situato sotto o dietro il posto guida e può essere alimentato a gas, a carburante diesel oppure a batteria elettrica. Questi ultimi due sono le versioni più diffuse e sulle quali bisogna riflettere al momento dell’acquisto o del noleggio: meglio un carrello elettrico o diesel?

La domanda non è tanto quale sia il più performante, ma dove andranno utilizzati. I carrelli elevatori elettrici hanno infatti la caratteristica di generare zero emissioni, ma vanno ricaricati quasi dopo ogni turno di lavoro (se usati con una certa frequenza). Questo li rende più indicati in contesti di magazzino e al chiuso, dove la loro attività pulita aumenta la sicurezza e la salute degli operatori e dove è semplice collegare alla corrente la batteria per rigenerare le energie. Viceversa, un muletto diesel si adatta meglio a contesti esterni: in media ha una risposta più brillante a terreni accidentati (anche se i nuovi modelli elettrici stanno facendo passi da gigante) e il funzionamento all’aria aperta non danneggia gli operatori con emissioni nocive. Usare il carrello diesel outdoor ha anche il vantaggio di non dover collegare a prese di corrente il mezzo quando è scarico, ma semplicemente riempire il serbatoio di carburante.

Quali sono i tipi di muletto

Diamo ora una rapida occhiata a quali sono i tipi di muletti più diffusi in commercio e tra le aziende. Il primo in assoluto è senz’altro il carrello elevatore frontale, con forche e montante poste davanti al guidatore. È il classico modello di muletto che abbiamo in mente nel linguaggio comune, e anche il più generico e adatto a tutto. Quando invece lo spazio di lavoro impone certi vincoli (corsie strette, traffico, scaffalature drive-in ecc.) si preferisce utilizzare il muletto retrattile. Questa versione pone l’operatore di lato rispetto alla direzione di ruote e forche, riducendo il blocco guida. Lo spazio per forche e montante aumenta a parità di volume, e questo permette far avanzare la colonna in avanti o riportarla indietro (il sistema retrattile appunto).

Le ruote sono leggermente sporgenti rispetto al montante, per permettere all’operatore di appoggiare carichi lunghi sulla parte bassa, senza tenerli in equilibrio. Sempre per carichi lunghi esistono i carrelli elevatori laterali. Hanno una forma più grossa, simile a un furgoncino, con una metà dedicata al posto guida e l’altra per montante e forche (laterali) e un piano di appoggio. Le forche prelevano pannelli, listelli o tubolari e li appoggiano sul carro paralleli al posto guida, pronti per essere spostati. Una variante, più piccola e per corsie strette, è il carrello trilaterale. Questo mezzo ha la peculiarità di far roteare le forche in tre posizioni: frontale, a destra e a sinistra.

Il design è simile al muletto retrattile, ma aggiunge un’efficienza ancora maggiore rendendo le forche indipendenti dal montante, libere di muoversi in varie direzioni. In magazzini sviluppati in altezza e con carichi medio piccoli vengono utilizzati i carrelli commissionatori. La caratteristica fondamentale è il movimento unico di forche e cabina guida: anche l’operatore sale, potendo così prelevare il carico direttamente a mano o godere della migliore vista possibile sulle forche, anche a diversi metri di altezza. Infine, in spazi aperti e settori pesanti scendono in campo i carrelli elevatori controbilanciati. Grossi, con pneumatici robusti, rialzati rispetto al tradizionale muletto per non entrare in contatto con il terreno, sono progettati per stoccare grandi portate (anche oltre 30 tonnellate): container, imbarcazioni e carichi speciali.